ABOUT
Convinti che la proprietà di un bene, non è mai un possesso totale.
Semplicemente si custodisce.
E si tramanda.
Ludovico Gippetto
“WANTED …presi per il verso giusto ” promuove progetti culturali con caratteristiche ben definite che non prevedono tempi lunghi per la realizzazione. L’ impegno organico per ogni “caso isolato” parte dalla diffusione di riproduzioni fotografiche delle opere d’ arte trafugate nel nostro territorio che vengono raccolte in un simpatico cofanetto e distribuito, in modo sempre più capillare, nei cosiddetti punti collettori come sovrintendenze, scuole, biblioteche, antiquari, musei, case d’asta, privati cittadini o dovunque sia necessario. Il nostro traguardo è quello di promuovere una vera e propria coscienza collettiva sui beni culturali in generale e in particolare sulla provenienza illecita di opere d’ arte sottratte alla pubblica fruizione. Di solito in questi casi si dice “abbiamo iniziato quasi per gioco …”, al contrario noi di Extroart abbiamo iniziato con la convinzione che i beni culturali, nelle loro variegate forme, devono essere sostenuti con fede e diventare oggetto di una divulgazione operosa. Semplificando la filosofia che muove questa associazione no profit ci spingiamo a dire che “giocare” con l’arte è più che un semplice reato perché, per esempio, farne un uso improprio di scambi commerciali significa sia impedire la pubblica fruizione sia disperdere quello che queste belle espressioni del genio umano rappresentano, cioè la nostra identità. E’ noto che quando si parla di mercato clandestino si parla di fruitori che appartengono ad una certa categoria di estimatori. Questi spinti da una sconsiderata passione si appropriano di testimonianze del nostro patrimonio culturale e artistico e impediscono così il godimento collettivo delle opere d’arte. Partendo da lontano l’inizio di un vero e proprio culto dei trafugamenti d’arte è collocabile in quell’arco di tempo successivo ai periodi di guerra. Le razzie napoleoniche, come è risaputo, hanno saccheggiato pezzi unici del nostro patrimonio artistico, opere che oggi sono esposte, per esempio, al Museo del Louvre. Fra le tante cause che, nel corso dei secoli, hanno provocato furti dei nostri manufatti artistici non possono essere eluse quelle legate al “culto” e alla religione, che nulla hanno a che fare con precise strategie culturali e istituzionali. Ma pur sempre di trafugamenti si tratta, anche se, con rammarico, oggi abbiamo la possibilità e la certezza di potere ammirare tutte queste opere d’arte nei musei di città straniere. Con amarezza possiamo dire che “non tutto il male viene per nuocere”, oppure, e sarebbe meglio, dire che bisogna sempre volgere un fatto già avvenuto in una occasione favorevole quando si parla, tra gli altri, di furti avvenuti negli anni che vanno dal 1794 fino al 1814. Sappiamo dove si trovano, fanno parte di collezioni di tutto rispetto, vengono ammirate da visitatori di tutto il mondo e soprattutto accudite nel migliore dei modi, ma tutto questo avviene in Paesi lontani e non avviene nella nostra Patria, dove tutte le definizioni precedenti sarebbero precedute da diversi e preoccupanti “forse”. Oggi non è tollerabile nulla di tutto ciò anche perché mancano le ragioni storiche che hanno portato a queste razzie ma il rischio esiste e si chiama traffico di opere d’arte. Se venisse trafugato un quadro del Canaletto o uno di Boccioni non potremmo più ammirarli durante una esposizione. Non ci resta che analizzarli attraverso un video proposto dai diversi mezzi di comunicazione di massa che offrono prestazioni sempre più sbalorditive, ma restano sempre un surrogato per compensare il reato commesso. Il trafugamento è un reato giuridico ma è anche un tentativo criminoso nei confronti di migliaia di possibili e probabili fruitori cui viene tolto un bene inestimabile. Con mezzi adeguati bisogna risvegliare la consapevolezza dell’appartenenza e della devozione per opere di culto, per esempio, ancora viva nei quartieri storici della città. Infatti sono passati solo pochi decenni da quando bastava semplicemente la partecipazione della collettività, il rispetto del sito e la giusta fruizione del monumento, oggetto artistico o chiesa, per garantire una adeguata sorveglianza e una conseguente incolumità dell’ opera. Il furto di un bene culturale avviene solo in contesti sociali degradati e distratti, che non esprimono alcun interesse per la conservazione del proprio patrimonio. La mancanza di conoscenza del bene artistico e la dispersione conseguente al traffico illecito non colpisce solo l’opera trafugata ma ferisce la storia di un popolo che non può più essere rappresentata attraverso le sue testimonianze.
Quindi far conoscere le variegate vicende che ruotano attorno ad un’ opera d’ arte trafugata significa non solo porre l’attenzione su di essa attraverso la denuncia della sua scomparsa, ma soprattutto significa “approfittare” del triste evento per divulgare il maggior numero di informazioni su tutto quello che ruota in torno questo disonesto giro di affari. Gli artefici, per così dire, di tale indegna compra vendita una volta individuati sono soliti nascondersi dietro l’ ambigua giustificazione “dell’ incauto acquisto” concluso dopo almeno tre precedenti acquirenti accertati. In alcuni casi avviene proprio così, ma per la maggior parte delle volte questa giustificazione non risulta essere credibile soprattutto se coinvolge importanti e rinomati musei d’ oltreoceano. Si tratta solo di un alibi per detenere opere di una certa illecita provenienza rispetto a quella legale, che proprio di legale ha solo le infinite disquisizioni, legali appunto, fra la legislatura straniera e quella italiana. Purtroppo molto spesso i mezzi di comunicazione di massa trascurano questo genere di notizie, relegandole solo negli spazi audio, video e su carta stampata, dedicati ad un pubblico minimo di fruitori. Al contrario l’ informazione dovrebbe occuparsi maggiormente di arte trafugata anche perché l’ attività criminale che muove in Italia produce un giro economico che risulta essere secondo solo al traffico di droga e sostanze stupefacenti. Dati statistici forniti dai Carabinieri parlano chiaro e raccontano che negli ultimi quaranta anni sono quasi 700.000 gli oggetti trafugati, con una media preoccupante che rileva queste cifre: 27 furti ogni anno nei Musei; 78 negli Enti Pubblici e privati; 498 nelle Chiese e 678 negli appartamenti privati. Fortunatamente, grazie al prezioso lavoro delle Forze di Polizia sono stati realizzati importanti recuperi con oltre 300.000 opere d’ arte restituite ai legittimi proprietari. Così come anche gli oltre 250.000 opere d’ arte falsificate, che incrementano il variegato business. Questi dati statistici però risultano incompleti, ma non sono meno significativi di quelli che riguardano il settore dei reperti archeologici, poiché non è possibile effettuare una reale stima di quanto viene portato via di nascosto dai siti archeologici dato che di questi non si conosce in anticipo la quantità e tipologia di reperti che vi possono essere rinvenuti. Ciò avviene solo quando questi abili tombaroli vengono intercettati grazie all’intervento delle Forze di Polizia che con azioni repressive hanno recuperato quasi 600.000 oggetti archeologici. Chi compra risulta essere molto spesso un personaggio insospettabile della società civile, potenti industriali o ricchi collezionisti senza scrupoli, sparsi in tutto il pianeta. Sono loro gli indiretti responsabili dei saccheggi perché creano una forte domanda sul mercato, molto superiore all’ offerta. C’è poi da aggiungere che l’ appetito insaziabile dei collezionisti di antichità fa si che proprio loro diventino le prime vittime delle truffe.
Infatti sono proprio i collezionisti senza scrupoli ad alimentare una domanda pressoché inesauribile, generando così un lucroso commercio di falsi, dove i primi acquirenti sono proprio questi ultimi. Statue antiche e contemporanee e soprattutto oggetti archeologici che, in certi casi, non potendo essere sottoposti a una perizia adeguata, vengono stimati per autentici. Molte collezioni di musei rispettabili annoverano antichità false, e nessuno se ne accorge. È raro che un curatore o un collezionista sia disposto a credere di essere stato imbrogliato da un falsario, e pochi studiosi hanno il coraggio di ammettere che i pezzi da loro esaminati sono sospetti. In certi casi, sono gli stessi addetti ai lavori o i curatori dei musei importanti che “guardano dall’altra parte” mentre trattano l’ acquisto di oggetti d’ arte al mercato clandestino per arricchire le loro collezioni. Tra i clienti di questa indegna industria, in piena espansione, non poteva mancare la criminalità organizzata e i trafficanti di droga che acquistano quantità incredibile di opere d’ arte perché risulta essere un mezzo rapido e facile per riciclare il denaro sporco e fare nel contempo un investimento destinato a futuri illeciti pagamenti. La facilità con cui queste opere d’ arte trafugate circolano indisturbate nella rete clandestina dei mercanti disonesti è agevolato anche dalla scarsa o in certi casi assoluta assenza di una adeguata catalogazione. Questi oggetti d’arte, che fanno parte del nostro patrimonio collettivo, sono destinati ad essere perduti per sempre e con loro una parte della nostra memoria. Un destino a volte diverso tocca ai quadri e alle sculture più famosi, che fortunatamente ricompaiono in sospette collezioni. In questi casi vengono recuperate dalle forze di polizia, oppure qualche volta è il mercante d’arte onesto che segnala alle forze di polizia alcuni ladri in procinto di vendere opere d’ arte. Ma troppo spesso le opere d’ arte trafugate e sparite rimangono tali: se ne perdono semplicemente le tracce, come la famosa tela della “Natività tra i SS. Francesco, Giacomo e Lorenzo” dipinta dal Caravaggio, dispersa con tutte le informazioni che la riguardano dopo il furto dall’Oratorio di S. Lorenzo in Palermo il 17 ottobre 1969. I responsabili di questa “emorragia culturale” operano nella massima segretezza, e nelle porte chiuse dei loro depositi situati nei caveau di Stati esteri complici e consapevoli che dentro i loro confini, tutelati dal cosiddetto porto franco, si concludono illeciti affari. Questo avviene con la transazione di un numero enorme di oggetti d’arte classica, contemporanea o reperti antichi trafugati dai siti incustoditi da esperti tombaroli, che immettono sul mercato questi oggetti prima che gli archeologi abbiano la possibilità di studiarli, catalogarli e stabilirne la provenienza. In questi anni abbiamo individuato, due punti fondamentali del progetto “WANTED”. Il primo è quello dell’ informazione attraverso le nostre incisive campagne pubblicitarie, che mirano a bloccare quel sistema perverso che attiva un percorso di acquisto e vendita di oggetti d’arte. Nei diversi passaggi di vendita e rivendita, anche tramite rinomate case d’ asta e fantomatici collezionisti, vengono attribuiti di volta in volta, allo stesso oggetto d’arte, non solo una nuova paternità che finisce per cancellare la provenienza originaria, ma anche una sorta di legittimazione della compravendita futura. Successivamente è possibile ritrovare apprezzabili opere d’arte tranquillamente esposte in importanti musei oltre i confini italiani. Il secondo è quello della formazione di una coscienza collettiva che abbia come obiettivo di fondo quello di dipanare tutte le problematiche legate al ritrovamento dell’ opera d’ arte e del movimento che ruota attorno ai beni culturali. A maggior ragione se di provenienza illecita e quindi furti alla collettività che ne è legittima proprietaria. Si tratta di cultura e formazione civica, si tratta di attuazioni di strumenti preventivi e di contrasti nei riguardi di un fenomeno che è direttamente proporzionale al grado di maturità di una società moderna ed evoluta. Senza una attenta e puntuale considerazione su queste problematiche, non sarà possibile che il cittadino attui una vera e propria tutela del bene culturale, per cui è alla scuola che bisogna chiedere questo impegno, attraverso la realizzazione e la diffusione di un disciplinare che abbia determinati requisiti: didattico per le scolaresche con riferimenti precisi al principio della consapevolezza dei reperti archeologici come memoria storica e non come oggetto d’ arredo per pochi; deontologico per gli operatori del settore, responsabili di musei ed antiquari che con molta “superficialità” possono imbattersi nell’incauto acquisto.
Anzi, nel caso del riconoscimento dell’ opera, è un preciso dovere di tutti impedirne la commercializzazione non acquistando opere d’arte di dubbia o illecita provenienza, anzi mettendo in evidenza il preciso dovere di denunciare prontamente alle Forze di polizia o agli organi preposti alla tutela del patrimonio culturale, come ad esempio, la sezione apposita dell’Arma dei Carabinieri o della Guardia di Finanza.
Extroart è fiduciosa, pertanto, di poter far leva sulle sensibilità, sulla ragione, sulla formazione di una rinnovata coscienza comune, che diventa, a nostro avviso, unica e reale soluzione di civiltà ad un problema insufficientemente conosciuto ma pericolosamente reale.